27.2.17


Mi presento sono Lucia Schillaci, ma in radio semplicemente Skilly, e ogni giorno dalle 12,06 conduco sulle frequenze di inbluradio una trasmissione che parla di econews buone pratiche stili di vita sostenibili , #cosacedibuono nasce dall'esigenza di trasferire le mie conoscenze e le mie esperienze personali a chi come me crede che insieme si può cambiare il mondo...Vi sembra eccessivo, utopistico?

Forse, ma sono convinta che ognuno di noi possa e debba fare la sua parte, credo nella responsabilità individuale,e in un cambiamento culturale che parta dalle nostre azioni e attenzioni, dalle scelte consapevoli.

Ogni giorno dalle 12 alle 15 su InBlu Radio in #cosacedibuono do voce a chi ha deciso di cambiare vita in modo sostenibile, vi parlo di buone pratiche,vado alla ricerca di quella parte di mondo che si attiva e si impegna e di cui si parla sempre troppo poco.. Sono certa che un mondo migliore più sostenibile più etico dipende da noi dalle piccole pratiche quotidiane, dalle scelte che facciamo dai nostri comportamenti.

Oltre alle notizie, gli approfondimenti, le interviste, alle 14,36 in #VociStorieRacconti andiamo a conoscere in diretta chi ha deciso, scelto, realizzato un sogno inseguendo le proprie passioni, chi ha preso il coraggio a due mani per cambiare vita in modo sostenibile etico ambientale...

Questa pagina viaggia in parallelo con la trasmissione, qui troverete link e approfondimenti ed è aperta alle vostra voglia di interagire,partecipare sorprendermi con suggerimenti o magari solo parlandomi delle vostre esperienze...insomma io vi ascolto vi leggo e vi aspetto...

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7.2.16

Come vivere senza produrre rifiuti: la storia di Lauren Singer

E’ più facile non sprecare ma vivere senza produrre rifiuti è ‘un altro paio di maniche’ e la storia della ragazza di New York che c’è riuscita è ricca di spunti e idee: autoprodurre tutto, comprare sfuso e usato.

Un chilogrammo ogni giorno, questa è, la quantità di rifiuti che in un paese moderno e sviluppato, ogni abitante, in media, produce quotidianamente. Per ridurre la montagna di rifiuti che alla fine dell’anno a conti fatti abbiamo accumulato, dovremmo lavorare un po’ sul nostro stile di vita e sulle nostre scelte seguendo l’esempio di una giovane americana che da almeno due anni non produce rifiuti.
Esistono movimenti che spingono a questo obiettivo, la riduzione dei rifiuti fino al loro annullamento, sulla base delle teorie di Paul Connett  che imposta tutto sulla raccolta differenziata porta a porta, sul riciclo, sugli impianti di compostaggio per l’umido e sulla riduzione di sacchetti, bottiglie e stoviglie di plastica.

Prima di dire che tutto questo è bello ma non realizzabile, vediamo, per incoraggiarci, anche l’esempio pratico di una ragazza che ha provato a vivere senza produrre rifiuti: la storia di Lauren Singer.
Lauren vive a New York, non esattamente una città amica dell’ambiente, e qui ha seguito un corso di studi nel settore dell’ambiente, è sempre stata una convinta ecologista, però, come lei stessa ammette, la è stata per molto tempo solo in teoria. Studiando l’ambiente, partecipando a manifestazioni e discussioni contro le società petrolifere, e argomenti simili credeva di essere un’ecologista vera, ma in realtà, in termini pratici non faceva molto per tutelare concretamente l’ambiente e la natura, né lei, né i suoi compagni di corso, che, in contrasto netto con lo spirito ecologista dei loro studi, ogni giorno si presentavano a lezione portandosi dietro borse colme di cibo e bevande contenuti in imballaggi di plastica che venivano poi gettati nell’immondizia.
lauren singer
Come vivere senza produrre rifiuti: la storia di Lauren Singer
Fu proprio questo contrasto a permette a Lauren di decidere che da parte sua doveva fare di più e interrompere la sua partecipazione all’accumulo di rifiuti in plastica.
Per prima cosa, la ragazza ha detto basta agli acquisti di cibi, bevande e cosmetici nei contenitori di plastica, ha iniziato ad acquistare cibi sfusi recandosi ad acquistarli direttamente con propri contenitori, soprattutto vasetti di vetro da riempire e da conservare a casa.
lauren buys bulk

Successivamente ha imparato a prodursi da sola i cosmetici e i prodotti di bellezza, e nell’insieme, così facendo, non ha più plastica da gettare nell’immondizia. Dal droghiere acquista tutto ciò che le serve per nutrirsi, prevalentemente frutta, verdura e legumi di stagione, ma anche ciò che le serve per farsi da sola i cosmetici, mentre i capi di abbigliamento li prende dai negozi di abiti usati, senza rinunciare, quindi, a essere alla moda.
Di più c’è anche che Lauren ha imparato a creare oggetti e altri prodotti, ciò le ha permesso di aprire in proprio un’attività di vendita di prodotti fatti a mano da lei stessa. E ha aperto un sito dove dispensa consigli per produrre sempre meno rifiuti e autoprodurre la maggior parte delle cose che ci servono, trashisfortosseres, letteralmente la ‘spazzatura è per gli spreconi’.
Oggi Lauren vive meglio, mangia meglio ed è più felice perché ha scoperto che ridurre i rifiuti non significa solo non uscire per andare a buttare la spazzatura, ma significa vivere in armonia con valori e principi importanti.

Art. Maura Lugano da tuttogreen

L’Italia esporta tonnellate di rifiuti perché non sa riciclarli



  • Em
Tra i tanti paradossi che funestano il nostro Paese, non può mancare uno riguardante la ancora farraginosa gestione dei rifiuti italiana. Infatti, se è vero che da un lato il nostro Paese importa quasi 6 milioni di tonnellate dagli altri paesi europei, dall’altro ne esporta quasi 4. Cerchiamo di capirne di più su questro fenomeno apparentemente contraddittorio.
Quanto a quelli importati, il fenomeno riguarda soprattutto il Nord, in particolare rottami ferrosi (77% del totale) e legni (11%), scartati dai tedeschi in primis.

Quanto ai secondi, li esportiamo da tutta la Penisola in Europa ma anche verso l’Asia. Inoltre, tra il 2009 e il 2014 i rifiuti importati sono aumentati del 60%. Ma qual è il motivo di questa duplice e opposta direzione?

I rifiuti metallici presi dall’estero sono infatti utilizzati per ovviare alla mancanza di materie prime nel nostro paese, appannaggio dell’industria siderurgica italiana. Tra i principali vantaggi di questa corposa importazione c’è il fatto che comporta un risparmio non indifferente di energia. E quindi una diminuzione delle emissioni di CO2. La contraddizione però sta nel fatto che importiamo una quota di 450mila tonnellate di rifiuti del tutto equivalenti, per volume e tipologia, a quelli che esportiamo all’estero.


Allora perché non tenere quelli che produciamo in casa? Semplice. Perché nel nostro Paese mancano impianti adeguati per il trattamento di quelli non metallici e pericolosi.
E’ quanto emerge dallo studio annuale «L’Italia del Riciclo», promosso e realizzato da «Fise Unire» (l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Così, un terzo dei rifiuti che mandiamo all’estero non è destinato al recupero, mentre solo un quarto del totale, all’incirca, è formato da materiali riciclabili come plastica e carta. Infine, il 60% ha un’alta incidenza di materiali pericolosi
Comunque a parte ciò, in generale, il riciclo dei rifiuti nel nostro Paese funziona molto bene. C’è stato ad esempio nell’ultimo anno un sostanzioso aumento del 9,5% della quantità di frazione organica raccolta in modo differenziato. Per quanto concerne il riciclo degli pneumatici e dei rifiuti tessili, sono entrambi aumentati del 12% dal 2013 al 2014.
Sebbene ci siano ancora 4mila cassonetti per la raccolta non autorizzati. Il tasso di reimpiego e riciclo dei veicoli fuori uso, poi, si avvicina agli obiettivi europei e raggiunge l’80,3% (mentre il recupero energetico manca l’obiettivo). Gli olii e grassi vegetali e animali esausti raccolti e avviati a riciclo sono aumentati del 14%. Cresce anche la raccolta di apparecchiature elettriche ed elettroniche (+3%).
Infine, buone notizie giungono dal riciclo degli imballaggi e dei rifiuti urbani. Quanto ai primi, con 7,8 milioni di tonnellate trattati nel 2014 (+2% rispetto all’anno precedente) si è arrivati al 66% di materiali riciclati sul totale. Per quelli in carta all’80%, alluminio e acciaio al 74%. Dei 29,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani che abbiamo prodotto nel 2013, secondo l’Ispra, ne è stato avviato al riciclo circa il 42%.
Insomma, forse non siamo messi così male. Anzi. Dovremmo comunque superare il paradosso di cui sopra.

Art. di Luca Scialò da tuttogreen